martedì 15 aprile 2008

Buona Pasqua

La stanza è in penombra. Un giovanotto dai trenta passati fa avanti e indietro col cellulare incollato sull’orecchio.

“Ciao ma’, buona Pasqua...”
“Buona Pasqua un corno, non mi hai ancora restituito le chiavi. Maledizione a me che ti sto ancora dietro! Devi finirla! Sei stato praticamente due giorni fuori, senza neanche avvisarci e adesso gli auguri...”
“Dai ma’, che dici. Ti fa gli auguri pure Franca. Sono qui da lei. Pensavamo di fare pasquetta in montagna, ecco perché non ti ho ridato le chiavi. Stiamo via un giorno e poi torniamo”.
“Vedi come fai, non ho ragione a stare nera? Sei come tuo padre, uguale. Solo che lui a trentasei anni aveva già casa e tre figli. Pure grandicelli. Mi farai crepare Anto’, mi farai...”
“Ecco, lo sapevo. Di nuovo la storia del lavoro, della famiglia, dei vostri sacrifici... ne ho piene le scatole. Il lavoro è quello che è, lo sai. E poi la laurea in legge la volevi tu, io avevo un futuro nel calcio. Per dar retta alla zia Carmela tu e papà mi avete tarpato le ali...”
“Senti Anto’, parliamoci chiaro, tu adesso mi riporti le chiavi e per pasquetta ti arrangi; fai come ho fatto io tutti questi anni, a schiattare dietro a zia Carmela, te e i tuoi fratelli. Non ricordo un mezzo pomeriggio libero, altro che pasquetta in montagna.”

Antonio è nervoso, vorrebbe urlare qualcosa e fa circoli intorno al divano su cui è mollemente seduta Franca. Lei invece sembra assente: cellulare in mano, spara sms chissà a chi, con movimenti rapidissimi ed automatici delle dita. Franca è una bella ragazza mora dai capelli lunghi e lisci, minuta e sui trenta pure lei. Bella come ce ne sono migliaia per il centro al sabato sera.

“Ti prego ma’, facciamo così: passo pasquetta in montagna ma poi torno subito e ti rendo le chiavi. Vabbe’?”
“Vaaabbe’. Se hai bisogno di due camicie te le stiro. Ricordati di passare a prenderle però”.
“Ok. Allora vengo tra un po’ con Franca, così gli auguri ce li facciamo di persona. Dai, ci vediamo.”
“Ci vediamo.”
Click.

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